L’Arcadia in Brenta, libretto, Bologna, Pisarri e Primodì, 1753 (Faenza)

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera in casa di Fabrizio.
 
 Tutti
 
 CONTE
 Dai lacci neghittosi del silenzio
 scatenando la lingua,
390qual monarca di dive e semidei
 do glorioso principio a' cenni miei.
 FABRIZIO
 Signor principe caro,
 il povero Fabrizio
 gli manda un memoriale in cui la prega
395comandar ai pastor che per servizio
 lascino qualche ninfa anche a Fabrizio.
 CONTE
 Giuste le preci son ma non è giusto
 delle ninfe arbitrar. Quella sia vostra
 che inclinata e proclive a voi si mostra.
 FABRIZIO
400Tutte vorranno me.
 ROSANNA
                                      Sarei contenta
 se del signor Fabrizio
 foss'io la ninfa eletta
 ma non vo' disgustar la mia Lauretta.
 LAURETTA
 Eh no no, giacché vedo
405che a voi piace quel viso, io ve lo cedo.
 FABRIZIO
 E fra i due litiganti il terzo goda.
 Io sarò di madama,
 se mi vuol, se mi brama.
 LINDORA
 Vi domando perdono,
410non mi vuo' scomodar di dove sono.
 FABRIZIO
 Dunque dovrò star senza?
 GIACINTO
 Voi dovete soffrire e aver pazienza.
 FABRIZIO
 (Maledetti, mi mangiano le coste
 e penar mi conviene).
 CONTE
415Dall'arcadico trono,
 a cui per vostro dono io sono alzato,
 due comandi vi do tutti in un fiato;
 primo: ciascuna ninfa
 scelga il pastor di tutti alla presenza
420ma non vuo' che Fabrizio resti senza.
 Secondo: quel pastor che sarà eletto
 con qualche regaletto
 riconosca la ninfa
 e lei com'è il dovere
425del regalo disponga a suo piacere.
 FABRIZIO
 Bravo. Il giudice lodo.
 ROSANNA
 Di un tal comando io godo,
 potrò senza riguardi
 il mio genio svelar...
 GIACINTO
                                        Già mia voi siete?
 ROSANNA
430(Deh lasciate ch'io finga e non temete).
 FABRIZIO
 Lasciatela parlar...
 ROSANNA
                                    Se mi concede
 il sospirat'onore
 sarà il signor Fabrizio il mio pastore.
 FABRIZIO
 E viva, ah che ne dite!
435Che gioia! Che diletto!
 Per la mia pastorella oggi v'accetto.
 LAURETTA
 Or che non v'è riparo,
 la maschera mi levo e parlo chiaro;
 vi ho scelto nel mio core
440di già per mio pastore
 e se voi non volete
 impazzir e crepar voi mi vedrete.
 ROSANNA
 Io Fabrizio pretendo.
 LAURETTA
 Di cedere Fabrizio io non intendo.
 FABRIZIO
445Signor principe questo è un brutto imbroglio.
 CONTE
 Dall'arcadico soglio
 così decido e voglio:
 per consolar delle due ninfe il core,
 abbian due pastorelle un sol pastore.
 FABRIZIO
450E viva, e viva. Oh, bravo per mia fé!
 Son capace, lo giuro, anche per tre.
 LINDORA
 Dunque, signor Fabrizio,
 s'ella dice da vero e non ischerza,
 io fra le ninfe sue sarò la terza.
 FABRIZIO
455Venga la quarta ancor; mi fa servizio.
 Non mi perdo per poco; io son Fabrizio.
 GIACINTO
 Levatevi di qua,
 luogo per voi non v'è,
 una volta per uno, or tocca a me...
 CONTE
460Olà; suddito nostro
 fermatevi per ora;
 non è finito ancora; (A Fabrizio)
 se voi pastor delle tre ninfe siete,
 regalar le tre ninfe ora dovete.
 FABRIZIO
465(Ohimè sono imbrogliato;
 questo favor mi costarà salato!)
 GIACINTO
 Su via fatevi onore.
 FABRIZIO
 A voi Rosanna bella,
 mia cara pastorella,
470perché mi brilla in sen il cor contento,
 questo picciol brillante vi presento. (Le dà un anello)
 ROSANNA
 È molto spiritoso e molto bello
 e brilla come a voi brilla il cervello.
 FABRIZIO
 Lauretta, poi che sono
475vostro pastor eletto,
 quest'orologio vi presento in dono. (Le dà un orologio)
 LAURETTA
 Il vostro dono accetto
 e contemplar prometto
 in lui la vostr'amabile figura,
480perché siete assai tondo per natura.
 FABRIZIO
 Obbligato. A madama,
 perché si guardi dalla stranutiglia,
 le do una tabacchiera di Siviglia.
 LINDORA
 Ed io, che vi amo tanto, bramerei
485che in questa tabacchiera,
 per poterne goder a tutte l'ore,
 fosse polverizato il vostro core.
 FABRIZIO
 Che bontà! Che finezze!
 CONTE
                                              Or di quei doni
 ne disponga ciascuno a suo talento
490e faccia al donator il complimento.
 ROSANNA
 Io pongo questo annello
 nelle man di Giacinto
 e dico al donatore
 che lo delusi e questo è il mio pastore.
 FABRIZIO
495Come!
 LAURETTA
                Quest'orologio
 a Giacinto consegno
 e al donatore io dico
 che già di lui non me n'importa un fico.
 FABRIZIO
 Che! Che?
 LINDORA
                       La tabacchiera
500al principe presento e mio pastore,
 perché quel tabaccaccio mi fa male
 e chi me l'ha donato è un animale.
 CONTE
 Oh portentosi detti!
 FABRIZIO
 Che siate tutti cinque maledetti.
 
505   Corpo del diavolo,
 parmi un po' troppo.
 Che! Sono un cavolo?
 Son gentiluomo
 del mio paese,
510io fo le spese,
 io son padrone.
 Che impertinenza!
 Che prepotenza!
 Come? Che dite?
515Eh padron mio
 basta così.
 
    La vuo' finire,
 me ne vogl'ire,
 signore ninfe,
520siori pastori
 bon viaggio a loro.
 Che! Non gli piace?
 Se n'anderanno
 signori sì. (Parte)
 
 SCENA II
 
 Tutti fuori che Fabrizio
 
 LINDORA
525Io rido quando vedo
 certi pazzi che fan gl'innamorati
 e credon col contante
 render la donna amante.
 Quando il genio non v'è, non fanno niente,
530si lascian nell'inganno
 e se si voglion rovinar lor danno.
 ROSANNA
 Ci siam preso piacere
 ma poi non è dovere
 spogliar Fabrizio affatto.
 LAURETTA
535Suo danno, s'egli è matto.
 GIACINTO
 È giusto di Rosanna il sentimento,
 a Fabrizio rendiam la robba sua
 e ci basti così il divertimento.
 CONTE
 Approvo quanto dice
540ed a recar la pace al sventurato
 sarà madama l'Iride felice. (Giacinto e il conte consegnano i regalli a Lindora)
 LINDORA
 Fate piano... di grazia... per pietà...
 Il grave peso, ohimè, mi opprimerà.
 CONTE
 Non temete madama
545e andiam per questi colli,
 co' vostri bei colori,
 la vil bellezza a svergognar dei fiori. (Porge il braccio a Lindora)
 LAURETTA
 Eh signor conte mio,
 lei parte con madama,
550Rosanna se n'andrà col suo Giacinto;
 eh io restarò sola;
 lei di cavaleria non sa la scuola.
 CONTE
 Ha ragion; ha ragione;
 io sono un mentecato; io sono un bue,
555servirò, se il permette, a tutte due.
 Eccomi... Favorisca... Facci grazia...
 Su l'umil braccio appoggi pur la mano.
 LAURETTA
 Caminate più presto...
 LINDORA
                                            Andate piano.
 GIACINTO
 (Son godibili assai).
 ROSANNA
560(Più grazioso piacer non ebbi mai).
 LAURETTA
 Ma via, non vi movete?
 CONTE
                                             Eccomi lesto.
 LINDORA
 Non andate sì presto;
 di già voi mi stroppiate...
 LAURETTA
 Con questo andar sì pian, voi mi ammazzate.
 GIACINTO
565(Oh belli!)
 ROSANNA
                       (Oh cari assai!)
 CONTE
                                                      Affé ch'io sono
 nel terribile impegno.
 Via madama più presto
 e voi cara Lauretta un tantin piano.
 LAURETTA
 Più piano di così mi vien la morte.
 LINDORA
570Vi dico che non posso andar sì forte.
 CONTE
 
    Questa forte e quella piano,
 l'una tira e l'altra mola,
 non so più cosa mi far.
 Favoriscano la mano;
575anderò come potrò.
 
    Forti, saldi, presto, piano,
 vada pur ciascuna sola,
 io le sono servitor. (Parte)
 
 SCENA III
 
 GIACINTO, ROSANNA, LAURETTA e LINDORA
 
 GIACINTO
 (Quest'è una bella cosa!)
 ROSANNA
580(Piacevole e gustosa).
 LAURETTA
 Madama andate pian quanto volete,
 se vi disturba la mia compagnia,
 vi faccio riverenza e vado via. (Parte)
 LINDORA
 Di esser nata dama è una gran prova
585l'andar sì piano e delicatamente,
 come si avesse a passeggiar su l'ova. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 ROSANNA e GIACINTO
 
 ROSANNA
 Bei caratteri al certo.
 GIACINTO
                                         Anzi belissimi;
 io che stolto non son scelta ho per ninfa
 donna di senno e di beltà...
 ROSANNA
                                                    Di grazia
590non seguite anche voi quel vil costume
 di adular per piacer...
 GIACINTO
                                          Ah nol temete,
 io vi stimo assai più che non credete.
 Chi sa, se non sdegnate
 di chi v'adora il core,
595io per sempre sarò vostro pastore.
 ROSANNA
 Felicissima Arcadia allor direi,
 se tutti i giorni miei
 lieta passar potessi al colle, al prato,
 col mio pastor, col mio Giacinto a lato.
 
600   Se di quest'alma i voti
 ascolta il dio d'amor
 sarà lieto il mio cor,
 sarò felice.
 
    Per or di più non dico
605ma forse un dì verrà
 che il labro dir potrà
 quel ch'or non lice. (Parte)
 
 SCENA V
 
 GIACINTO solo
 
 GIACINTO
 Purtroppo è ver che s'introduce il foco
 d'amor nei nostri petti a poco a poco;
610queste villegiature
 in cui sì francamente
 tratta e conversa ognun di vario sesso,
 queste cagionan spesso
 nella stagion de' più focosi ardori
615impegni, servitù, dolcezze, amori.
 
    Lasciami in pace almeno
 amor in questo giorno,
 deh non venirmi intorno
 a tormentarmi il cor.
 
620   Un barbaro tu sei
 se fra i piaceri miei
 tu mi svegliasti in seno
 un tormentoso ardor. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 FABRIZIO e poi madama LINDORA
 
 FABRIZIO
 Mi ha madama Lindora
625reso orologio, scattola ed annello
 e mi ha quietato ancora,
 che ad un uomo civile
 passa presto la bile
 ma perché poi non v'era
630da cena questa sera
 ho le robbe suddette già impegnate
 e tutte le monete sono andate.
 Ma non importa, almen anch'io godessi
 da coteste mie ninfe traditore
635un qualche segno di pietoso amore.
 LINDORA (Esce Lindora chiamando forte Fabrizio)
 Signor Fabrizio senta;
 senta signor Fabrizio...
 FABRIZIO
 Oh cielo mi perdoni.
 Non l'avevo sentita!
 LINDORA
640Ho gridato sì forte che la gola
 mi si è tutta infiammata;
 quasi in petto una vena mi è crepata.
 FABRIZIO
 Cancaro! Se ne guardi.
 LINDORA
 Sederei volontieri.
645Ma questa sedia è dura indiavolata...
 Sul morbido seder sono avezzata.
 FABRIZIO (Al servo che porta un’altra sedia)
 Ehi dico, ehi reca tosto
 una sedia miglior.
 LINDORA
                                    Molto obligata.
 FABRIZIO
 Sieda qui, starà meglio.
 LINDORA
                                              Ohibò è sì dura
650codesta imbotidura
 che io non posso sperar di starvi bene...
 FABRIZIO
 Porta la mia poltrona. (Al servo come sopra che porta la poltrona)
 Se ne servi...
 LINDORA
                           No no; peggio di prima.
 FABRIZIO
 Ma come devo far?...
 LINDORA
                                         Portate via
655la sedia ed il guanciale,
 che l'odor di vacchetta mi fa male.
 FABRIZIO (Il servo parte e porta un matarazzo)
 La servi il materazzo...
 LINDORA
 Ma questo è un ver strappazzo.
 Non mi credevo mai soffrir cotanto.
660(Io creppo dalle risa e fingo il pianto).
 
    Voglio andar... Non vo' più star;
 più beffata esser non vo';
 signorsì me n'anderò.
 Sono tanto tenerina
665che ogni cosa mi scompone
 e voi siete la cagione,
 che mi fate lagrimar.
 
 SCENA VII
 
 FABRIZIO, poi madama LINDORA che ritorna
 
 FABRIZIO
 Non ne potevo più. Tormento e doglie
 non sono per mancar a quel meschino
670cui toccherà sì fatta donna in moglie...
 LINDORA
 Mi avete sì oltraggiata
 che già m'ero scordata
 che il principe d'Arcadia ha comandato
 che dobbiam recitare all'improviso
675stasera una commedia.
 FABRIZIO
                                             Io non ne so...
 LINDORA
 Io vi concerterò!
 Giacinto è destinato
 a far da innamorato,
 da innamorata dovrò far io stessa
680e Lauretta da serva;
 il conte mio farà da genitore
 e voi dovete far da servitore.
 FABRIZIO
 Da servitor?
 LINDORA
                          Perché? Non vi spaventi,
 benché sia grand'impegno
685far ridere la gente ch'abbia ingegno.
 FABRIZIO
 Mi dispiace il parlar all'improviso;
 se fosse una commedia almen studiata,
 si potrebbe salvar il recitante,
 dicendo che il poeta è un ignorante. (Parte)
 LINDORA
690Certo non dice mal; sogliono tutti
 gettar la colpa su la schiena altrui;
 se un'opera va mal, dice il poeta:
 «La mia composizion è buona e bella,
 quel che ha fallato è il mastro di capella».
695Questo la buona musica ognor vanta
 e che il diffetto vien da chi la canta.
 Infine l'impresario,
 senza saper qual sia vera cagione,
 se ne va dolcemente in perdizione. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 GIACINTO col nome di Cintio; FABRIZIO da Pulzinella; LAURETTA da Colombina; LINDORA col nome di Diana; e infine il CONTE da Pantalone
 
 GIACINTO
700Sieguimi Pulcinella.
 FABRIZIO
                                        Eccome cà.
 GIACINTO
 Siccome un'alta nube
 al sol si oppone e l'ampia terra oscura,
 così da quelle mura
 coperto il mio bel sol, cui l'altro cede,
705l'occhio mio più non vede, ond'è che aflitto
 i nuovi raggi del mio sole attendo.
 FABRIZIO
 Tu me parla tedisca, io no te intiendo.
 GIACINTO
 Fedelissimo servo
 batti tu a quella porta...
 FABRIZIO
710A quale porta?
 GIACINTO
                              A quella...
 FABRIZIO
                                                   Io non la vedo.
 GIACINTO
 Finger dei che vi sia.
 Invece della porta,
 in un quadro si batte o in una sedia,
 come i comici fanno alla commedia.
 FABRIZIO
715Aggio caputo ma fame na grazia;
 pe che da tozzolare aggio alla porta?
 GIACINTO
 Acciò che la mia bella
 venga meco a parlar...
 FABRIZIO
                                           Cà su la strada?
 GIACINTO
 È ver, non istà bene
720che faccian all'amor sopra la strada
 civili onesti amanti
 ma ciò sogliono far i commedianti.
 FABRIZIO
 Sì sì, ma se qualcuno,
 quand'ho battuto io, battesse me?
 GIACINTO
725Lascia far, non importa, io son per te.
 FABRIZIO
 Oh de casa?
 LAURETTA
                         Chi batte?
 FABRIZIO
                                               Songo io.
 LAURETTA
 Serva sua signor mio.
 FABRIZIO
 Padron, chisa è per me.
 GIACINTO
                                              Chi siete voi,
 quella giovine bella?
 LAURETTA
730Io sono Colombina Menarella.
 GIACINTO
 Di Diana cameriera?
 LAURETTA
 Per servir a vusustrissima.
 FABRIZIO
 Obregato, obregato.
 GIACINTO
                                       Deh vi prego,
 chiamatela di grazia.
 LAURETTA
                                         Ora la servo...
 CONTE
735Colombina.
 LAURETTA
                         Ohimè questo è il padrone...
 FABRIZIO
 Managgia Pantalone.
 GIACINTO
 Ritiriamoci tosto.
 FABRIZIO
 Possa esser Pantalone fatto arrosto.
 CONTE
 Cosa xe Colombina,
740cosa xe fantolina?
 Cosa fastu in istrada?
 LAURETTA
                                          Ero venuta
 per il spazzacamino.
 CONTE
 Se ti ha qualche camin da governar,
 se ben che mi son vecchio
745e no posso pi andar,
 co se tratta de ti,
 coccoletta, l'avria chiamado mi.
 LAURETTA
 Caro signor padrone
 mi fate vergognare.
 CONTE
750Caro quel viso bello,
 per te, viscere mie, perdo el cervello.
 
    Per ti mia coccoletta
 amor drento del petto
 sonando el zuffoletto
755la bella furlanetta
 con piacer mi fa ballar.
 
    Eh via, senti, para, via,
 ah viscere care,
 ah che non posso più.
 
 GIACINTO
760È andato?
 FABRIZIO
                      Fosse acciso.
 GIACINTO
 Chiamatela di grazia.
 LAURETTA
                                          Ora la servo.
 FABRIZIO
 Sienteme piegorella,
 vienence ancora tu,
 che ce devertiremo fra de nuie.
 LAURETTA
765Sì sì, quest'è l'usanza,
 se i padroni fra lor fanno l'amore,
 fa l'amor colla serva il servidore.
 
    Il padron con la padrona
 fan l'amor con nobiltà;
770noi andiamo giù alla bona
 senza tanta civiltà.
 
    Dicon quegli: «Idolo mio,
 peno, moro, smanio, oh dio».
 Noi diciam senz'altre pene:
775«Mi vuoi bene, ti voglio bene»
 e faciamo presto presto
 tutto quel che s'ha da far.
 
    Dicon lor che è un gran tormento
 quell'amor che accende il core.
780Diciam noi ch'è un gran contento
 quel che al cor ci reca amore
 ma il divario da che viene?
 Perché han quei mille riguardi,
 penan molto e parlan tardi;
785noi diciam quel che conviene
 senza tanto sospirar.
 
 GIACINTO
 Ti piace, Pulcinella?
 FABRIZIO
 A chi non piacerebbe Menarella?
 GIACINTO
 Ecco che vien quel bel che m'innamora.
 FABRIZIO
790Con essa viene Menerella ancora.
 GIACINTO
 Venite idolo mio;
 venite per pietà.
 LINDORA
 Vengo vengo mio ben, eccomi qua.
 GIACINTO
 Voi siete il mio tesoro.
 LINDORA
795Per voi languisco e moro.
 FABRIZIO
 Ah tu sei la mia bella.
 LAURETTA
 E voi siete il mio caro Pulcinella.
 GIACINTO
 Già vi ho donato il core.
 LINDORA
 Ardo per voi d'amore.
 FABRIZIO
800Per te me siento lo Vesuvio in pietto.
 LAURETTA
 Cotto è il mio core al foco dell'affetto.
 GIACINTO
 
    Vezzosetta mia diletta.
 
 FABRIZIO
 
 Menarella mia caretta.
 
 LINDORA
 
 Cintio caro, Cintio mio.
 
 LAURETTA
 
805Pulcinella bello mio.
 
 A DUE
 
 Che contento, che diletto.
 
 A QUATTRO
 
 Vien mio bene a questo petto
 ch'io ti voglio un po' abbracciar.
 
 CONTE
 
    Ola ola cosa feu?
810Abbrazzai? Cagadonai?
 Via caveve via de qua.
 
 LINDORA
 
    Io m'inchino al genitore.
 
 GIACINTO
 
 Riverisco mio signore.
 
 LAURETTA
 
 Serva sua signor patrone.
 
 FABRIZIO
 
815Te so' schiavo Pantalone.
 
 CONTE
 
 El ziradonarve a torno,
 tutti andeve a far squartar.
 
 GIACINTO
 
    Vuol ch'io vada?
 
 CONTE
 
                                    Mi ve mando.
 
 FABRIZIO
 
 Vado anch'io?
 
 CONTE
 
                             Mi t'ho mandao.
 
 GIACINTO
 
820Anderò con la mia bella.
 
 FABRIZIO
 
 Anderò con Menarella.
 
 LINDORA, LAURETTA A DUE
 
 Io contenta venirò.
 
 CONTE
 
 Via tiolé sto canelao;
 colle putte, oh questo no.
 
 LINDORA
 
825   Signor padre per pietà.
 
 LAURETTA
 
 Sior padron per carità.
 
 GIACINTO
 
 Deh vi supplico ancor io.
 
 FABRIZIO
 
 Pantalone padron mio.
 
 CONTE
 
 (Duro star no posso più).
830Via mattazzi leveve su.
 
 A QUATTRO
 
    Io vi prego...
 
 CONTE
 
                             Zitto là.
 
 A QUATTRO
 
 Vi scongiuro...
 
 CONTE
 
                             Vegnì qua.
 
    Cari fioi deve la man,
 alla fin son venizian,
835m'avé mosso a compassion.
 
 A QUATTRO
 
 Viva, viva Pantalon.
 
 A CINQUE
 
    Viva, viva il dolce affetto,
 viva, viva quel diletto
 che produce un vero amor,
840che consola il nostro cor.
 
 Fine dell’atto secondo